The hand of fate.


Inspiravo ed espiravo velocemente, come se stessi correndo, ma non era così. Ero immobile, quasi come pietrificata, in mezzo alla strada.

Un auto a tutta velocità si avvicina, non intende fermarsi. Provo a spostarmi ma senza successo. Il respiro si fa sempre più frenetico. Sento il cuore pompare all’impazzata. Perché non riesco a muovermi? Perché devo essere investita? I piedi sembrano incollati al suolo, mentre il panico più totale sovrasta la mia lucidità. Sento la mancanza d’ossigeno, sento un dolore straziante alla testa. Non riesco a muovermi, ma questa volta per la quantità di dolore che provo. Sento le costole conficcate nei polmoni. Sento le ossa rotte, e soprattutto sento la morte avvicinarsi. Perché proprio ora? Ora che avevo, quasi del tutto, accettato la mia nuova vita. Stavo per morire. Provai a restare sveglia, ascoltando le urla lontane. La vista iniziò ad appannarsi, ed il respiro si fece più pesante. Avevo fame d’aria, ma non riuscivo a soddisfarla. Poco attimi dopo tutto diventò buio.

Mi svegliai di soprassalto. Il respiro era accelerato così come il cuore. Mi guardai intorno, era stato solo un incubo. Provai a spingermi verso la testa del letto, per provare a sedermi. Ogni millimetro del corpo che si muoveva produceva un dolore lancinante. Con tanta fatica e tante lacrime riuscii a risalire il letto ed a sedermi. Quando ebbi ripreso fiato, voltai lo sguardo alla finestra. Era notte fonda, e le luci della città brillavano nell’oscurità tetra di quella situazione. Alzai gli occhi e rimasi stupita da quanto bene si vedessero le stelle, nonostante tutto l’inquinamento luminoso che avvolgeva quella sera. Iniziai così ad ammirare quei piccoli diamanti sparsi nel cielo. Persa in tanta bellezza, il pensiero di quello che era successo, iniziò a martellare la pace provata in quel momento. Perché era successo tutto ciò? Perché proprio a me? Ma soprattutto chi era quel ragazzo? Iniziai così a ricordare alcuni dettagli. Il ragazzo era confuso, spaventato e soprattutto sembrava non sapere di essere passato oltre. A quel punto sentii la necessità di parlare con Lian, ma non sapevo ne dove ne quando. Ero in un’ospedale, momentaneamente in una camera vuota. Non mi sarebbe bastato pensarlo ed farlo apparire, dovevo pensare a qualche altro modo per poterlo vedere. E mente cercavo un modo per mettermi in contatto con lui, sentii uno strano freddo calare all’interno della stanza. Scrutai nel buio, ma non vidi nessuno, le porte erano tutte chiuse e le finestre anche. Così accesi la piccola luce sulla testata del letto. Appena illuminata, con luce fioca, la stanza, un brivido percorse la mia schiena. Inizia a sudare freddo, le mani cominciarono a tremare. In pochi attimi mi ritrovai paralizzata nel letto con un respiro affannoso. Sgranai gli occhi, non volevo crederci. In piedi, in un angolo poco illuminato della stanza, c’era un ragazzo con la testa piena di sangue. La pelle era pallida, quasi come quella di un morto. Era alto e vestito con toni scuri. I capelli erano corti e scuri. La paura più assoluta prese il sopravvento ed iniziai a cercare il campanello per chiamare qualcuno. Guardai ovunque ma non riuscii nel mio intento. Proprio mentre la disperazione si faceva largo nel mio cuore vidi quella figura alzare un braccio verso di me, per mostrarmi il campanello tagliato. Non feci in tempo neanche ad urlare, quella persona si materializzò difronte a me. Mi mise subito una mano sulla bocca per impedirmi di chiedere aiuto, e con l’altra mano mi puntò alla gola un paio di forbici. Mi consigliò di stare ferma, o mi avrebbe tagliato la gola. Deglutii nel panico più totale e mi arresi a quella situazione, d’altronde non avrei potuto fare nulla. Quando quel ragazzo ricoperto di sangue capii di poter parlare lo fece senza esitazione. Iniziò a chiedermi come facessi a vederlo, ma senza volere alcuna risposta da me. Seguì una specie di delirio, dove cominciò a raccontarmi quello che gli era successo. Mi disse di aver fatto del male ad una persona, senza specificarne i particolari, e mi disse che pochi giorni dopo l’accaduto qualcuno lo colpì violentemente alla testa più volte. Da quel momento mi confidò di essersi svegliato e di essere tornato a casa, ma nessuno lo vedeva. Pochi minuti capii di essere morto. Da come mi raccontava tutto l’accaduto mi sembrò molto scosso e spaventato. Appena provai ad emettere un suono, nel tentativo di farlo ragionare e calmare, spinse la punta delle forbici in profondità. Sentii qualcosa di caldo colare lungo il collo e finire sul seno. Capendo la gravità della situazione in cui mi trovavo decisi di ascoltare e basta. Non potevo certamente sperare in un secondo salvataggio, dato che Lian non si era fatto vivo. Così inspirati profondamente e provai a calmarmi. Lo guardai fisso negli occhi, mentre continuava a parlare, nella speranza di non essere sgozzata. Quando ebbe finito, mi impose di lasciarlo stare. Feci cenno di si, anche se sapevo di doverlo incontrare nuovamente. Tolse la mano dalla bocca e tossii. Feci un altro respiro profondo. Mi resi conto che non aveva ancora tolto le forbici dalla mia gola, così senza fiatare gli feci cenno di togliere le forbici. Prima di rimuoverle mi avvertì di non cercalo, poiché mi avrebbe uccisa se lo avessi fatto. Tolse le forbici dal mio collo e le appoggiò sulla guancia, dove incise la pelle e poi la carne. Provai un dolore lancinante. Le lacrime scesero da sole, e goccia dopo goccia quella figura svanì nel buio. Ero spaventata e preoccupata per quella povera anima in pena. Un volta assicurato che se ne fosse andato, presi dei fazzoletti e tamponai la ferita. Iniziai a chiamare le infermiere, che dopo aver visto l’incisione sul mio volto mi medicarono subito. Mi domandarono come fosse successo ma non risposi. Avviarono una flebo di antidolorifici e andarono via. Appena iniziarono a fare effetto i farmaci, cominciai a sentire le palpebre pesanti. Così mentre scrutavo il cielo notturno, mi addormentai.

Una mano calda sfiorò il mio viso ferito. Aprii lentamente gli occhi, era una figura conosciuta. Non riuscii a mettere a fuoco la persona, ma sentii il suo calore. Mi prese per mano e mi disse di stare tranquilla, ci sarebbe stato lui con me. Delle labbra calde sfiorarono le mie e quando chiesi chi fosse, non ebbi risposta. Quando riuscii a mettere bene a fuoco la stanza, quella persona era sparita. Pensi che fosse Lian, ma non si sarebbe mai spinto a tanto. Probabilmente neanche sapeva ciò che era successo. Mi alzai e la porta si aprì. Vidi lo psichiatra entrare e come avevo immaginato era Lian. Iniziò a chiedermi cosa fosse successo e io gli raccontai tutto. Rimase sconvolto, quando confessai ciò che era accaduto poco prima. A quel punto mi prese la mano e giurò che da quel momento non mi avrebbe mai più lasciata sola. Gli sorrisi e appena se ne andò tornai a sdraiarmi, mi voltai e scrutai l’orizzonte in cerca di risposte.


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2 risposte a "The hand of fate."

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